23 febbraio 2016

Transparent - Stagione 2

Quando i film si fanno ad episodi.

Lo scorso anno è stata tra le serie più premiate, tra le più amate -anche da me- per la sua capacità di aprire uno squarcio verso il mondo e la realtà della comunità transgender, raccontando con delicatezza la difficile accettazione e l'ancor più difficile passaggio di un padre, di un ex marito, alla sua vera natura: quella di donna.
L'interpretazione di Jeffrey Tambor ci ha fatto conoscere una volta per tutte questo attore di mezza età da sempre relegato a ruoli da comprimario, e a contorno della sua vicenda, quella dei figli, che lo appoggiano ma non troppo, presi come sono dai loro problemi di ragazzini viziati ora cresciuti.
Questa seconda stagione, sembra però dimenticare quella delicatezza, sembra dimenticare anche il focus della serie stessa, spostando l'attenzione proprio verso quei figli viziati e odiosi, presi dalle proprie insicurezze sessuali e di vita.



C'è Josh che sta per diventare padre proprio quando padre ha scoperto di esserlo già, e deve far convivere sotto lo stesso tetto una futura moglie che non si decide a sposare, un figlio che chiede attenzione e la madre di quel figlio che si fa invadente.
C'è Ali, che scopre l'amore per le donne, che si spinge lì dove tutti l'avevano già spinta, tra un'amica che diventa qualcosa di più e una mentore che la affascina per il suo carisma e la sua sicurezza.
E c'è Sarah, con il cui secondo matrimonio si apre la stagione, un matrimonio che però non s'ha da fare, che si sveglia da quella parentesi lesbo per poi approdare verso lidi sadomaso, mentre i figli sembrano accessori.
Una famiglia sui generis, o una famiglia normale?
Una famiglia che porta nel sangue, nel DNA, un passato di traumi, che si tramanda di generazione in generazione, e che attraverso flashback che ci portano nella Germania nazista da cui nonna Rose è fuggita, fanno luce sulla storia comune.


Il problema è però che quella famiglia è piuttosto insopportabile, che delle vicende di figli ricchi che si fanno problemi per tutto, e non per la propria morale, ci interessa poco.
Che facciano quello che vogliono, per carità, ma che ci si concentri piuttosto su una madre ed ex moglie che resta devota a quel marito che ora si fa chiamare Maura, che ci si concentri su questa Maura, per davvero, ora che vorrebbe essere Maura a tutti gli effetti, presentandosi alla madre, al mondo.
A risultare riusciti sono quindi quegli episodi che la riguardano, quel doppio finale che finalmente fa comprendere il ruolo, il significato di quei flashback.
A livello tecnico, tutto resta perfetto, la serie Amazon si distingue per la confezione indie pulita e piuttosto hipster, per l'uso di una colonna sonora originale e che va sempre a segno.
Il problema è quindi con attori che a pelle, o al solo sguardo, mi irritano, Amy Landecker e il suo finto perbenismo, Gaby Hoffmann e il suo essere ugly a tutti i costi, Jay Duplass e il suo essere monoespressivo a cui si affidano ingenuamente troppe scene drammatiche e tristi.
Tutti loro vengono affossati da Jeffrey Tambor, che però si vede messo da parte, e il problema di questa seconda stagione sta tutto qui.


2 commenti:

  1. tu recensisci la seconda, e a me ancora manca la prima

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  2. Per me resta una serie potenzialmente grande, sempre lì lì sul punto di esplodere, però poi non riesce a farlo...
    Seconda stagione in effetti inferiore alla prima e figli parecchio irritanti. Un po' come in Girls, solo che lì i personaggi, nel loro essere volutamente odiosi, riescono quasi a farsi amare.

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