11 settembre 2016

Venezia 73 - Diario di Bordo, Giorni 8-10

GIORNO 8
I piani si possono cambiare.
Anche una persona non troppo elastica come la sottoscritta, sa rendersi conto che se anche domani sarà una seratona con i 226 minuti di Lav Diaz ad attenderla, vedersi qualcosa nel pomeriggio è meglio di non far niente. E allora, questa sera, niente nottataccia, Planetarium lo si vedrà domani nella speranza di vedere in sala anche sua bellezza e sua bravura Natalie Portman.
L'ho già scritto di quanto è brava? Di quanto un Oscar potrebbe portarselo nuovamente a casa?
Lo ridico, perchè contro ogni pronostico, Jackie è qualcosa di immenso, di bellissimo, e lei è un magnete, che con la compostezza di Jacqueline Kennedy e con quella voce impostata, cattura e non molla più.
Difficile proseguire sullo stesso tono una mattinata partita così bene -e ci aggiungo anche dopo un riposo così ben meritato come quello di questa notte-, ma per fortuna The Journey si rivela essere altrettanto significativo, con la questione irlandese trasformata in una diatriba verbale che è un'ottima lezione di politica e recitazione. Chapeu.
Il sole avrà fatto anche capolino dopo il maltempo di ieri, ma il vento non si è placato.
Conseguenze?
Oltre a un numero sempre maggiore di MISTERIOSI tra il pubblico che tossiscono più o meno ogni 15 secondi (l'apice durante il film di Malick di ieri, il cui silenzio era interrotto da un concerto catarroso), anche la difficoltà di stare all'aperto per mangiare o scrivere senza continuamente tener ferma la gonna o i capelli. Ecco perchè mi sono rifugiata in sala stampa per un paio d'ore, a crogiolarmi nella mia solitudine e a scrivere.
Una ventata di freschezza al Lido l'ha portata anche Prank film giovanile che potrebbe diventare un piccolo cult, a cui sono stata attirata da un pene gigante disegnato su un gigante striscione e che è passato fuori dal red carpet qualche giorno fa. Quel pene gigante compare anche nel film, per dire. Mica ci sono solo Rocco o l'alieno multipenato di La Region Salvaje.
In una giornata con grado di socialità pari a zero, mi sono concessa anche uno spritz in solitaria con vista sul mare in burrasca. Un'esperienza che si è rivelata meno traumatica del previsto, anche se in 12 ore parlare solo con le maschere che ti passano il biglietto o con i camerieri, non è il massimo.
La serata si è conclusa con Paradise il cui orario combaciava con il red carpet della Portman che ho quindi drammaticamente perso.
Tenendo conto che il film è l'ennesima variazione a tema Olocausto e si rivela essere piuttosto ricattatorio, si poteva anche evitare.
Torno a casa felice di non far tardi, con l'appuntamento con quello che è diventato il kebbabaro di fiducia, mi concedo una puntata, un po' di riposo: tanto domani si dorme, tanto domani è il penultimo giorno.
Ormai è fatta.

GIORNO 9
Sarò breve, vista l'ora, vista la giornata che mi porto alle spalle.
E pensare che è iniziata nella calma, con tutto il tempo per preparare la valigia, per passare per San Marco, per arrivare senza fretta, senza code, senza pressioni a vedere Questi Giorni.
Gantz:O no, non ce l'ho fatta, che di appassionati di anime in famiglia ne basta uno, ed è il giovine.
Certo, non si parte poi così bene vista la pesantezza e l'irritazione delle quattro sgallettate protagoniste del film di Piccioni, meglio Muccino, ed è tutto dire. Ma tant'è, c'è tutto il tempo per pranzare con ulteriore calma, per scrivere e per mettersi in coda per godere della bellezza di Natalie Portman e di Lily-Rose Depp.
Mancano due ore all'inizio del film, e già qualcuno è in attesa, visto che niente ho da fare, che tra leggere in giardino e leggere in coda, ci guadagno solo la possibilità di entrare, aspetto lì neanche fossi una fan sfegatata.
La sala contro ogni previsione non è sold out, ma viene illuminata dalla luminosità della Portman, quando dici entra lei e l'atmosfera cambia, mentre preoccupano quelle braccine secche secche della Depp.
Planetarium inizia, e io vengo colta da attimi di panico e sonno: sono io che mi sono persa qualcosa chiudendo gli occhi o il film è davvero incomprensibile?
Mi confronto con la parte socialità di oggi, ovvero un amico in visita con il suo amico, e nemmeno loro c'hanno capito qualcosa. Non mi sento sola, e vale per tutto.
Purtroppo, causa ritardo da dive e da fotografi improvvisati, ho nemmeno mezzora di tempo per prendere fiato prima di affrontare i 226 minuti di Lav Diaz. Li passo chiaccherando tranquillamente con quegli amici di cui sopra, progettando nuove idee per la nuova stagione del blog.
Ma è giunto il momento: The women who left mi aspetta: si entra alle 19.45, se ne esce alle 23.34. A sorpresa, però, qui non mi addormento, non mi annoio, ma resto, colpita e seduta.
Il tempo per analizzare le dinamiche del pubblico tra un'inquadratura fissa e l'altra c'è, e così noto come solo dopo che un primo spettatore coraggioso decide di alzarsi ed abbandonare la sala, questi viene seguito da almeno una decina di altri che lo prendono ad esempio. Nel frattempo, ogni posizione sulla scomoda poltroncina è consentita, ogni maglione, giacca, sciarpa deve essere utilizzata per far fonte alla potenza dell'aria condizionata, ogni snack si può sgranocchiare visto che il tempo per una cena non c'è stato.
Per niente tranquilla, con l'orologio che ticchetta incessantemente, corro verso il vapo, corro verso casa, verso la doccia, verso il letto e il diario da scrivere.
E' l'ultima notte qui, e sono sorpresa quanto voi di essere stata così costante, e soprattutto così ammaliata da un film filippino di 226 minuti.

GIORNO 10

10 giorni.
3870 minuti passati in sala.
64.5 ore (SESSANTAQUATTRO ORE E MEZZO) immersa nel buio davanti al grande schermo.
#Venezia73 è conclusa, e in questo ultimo giorno, questi giorni, queste ore, pesano non poco.
Il tempo per tirare le somme arriverà domani, nel frattempo, in questo diario, posso solo dire quanto è stato bello, e quanti bei film mi sono passati davanti.
Non il primo di questa giornata, però, quell'A Jamais tratto da un romanzo di Don DeLillo che no, non fa proprio per me, e infatti la visione si conclude in un silenzio imbarazzante in cui per la prima volta in questi 10 giorni non parte né un applauso né un fischio. Un silenzio che vale più di mille parole.
Fortunatamente a dare una degna conclusione alla Mostra, ci pensa Kusturica con il suo The Milky Way, che torna con il suo folle e colorato stile, e pur scivolando in una seconda parte troppo sanguinolenta e confusa, regala un finale romantico e bellissimo.
Saluto la Sala Grande, saluto il Lido, e scortata da un giovine che è finalmente venuto a trovarmi (e ad aiutarmi con la valigia), salutiamo Venezia.
Non è la giornata perfetta che credevo, un po' per il caldo, un po' per altro.
Ma il diario è finito, la mia condivisione pure, e posso tornare a rintanarmi dietro alla mia privacy.

2 commenti:

  1. molto curioso di molti film (ha vinto uno dei miei registi preferiti) fra cui anche quello di Kusturica.
    ciao
    andrea

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    1. La speranza adesso è che questi film riescano ad arrivare nei cinema. Quello di Lav Diaz è una grossa incognita per la sua durata, impegnare una sala per 4 ore sarà difficile. Più facile per Kusturica, grazie alla Monica nazionale il lancio è assicurato :)

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