7 novembre 2016

Il Lunedì Leggo - Il Desiderio di Essere come Tutti di Francesco Piccolo

Francesco Piccolo mi ha conquistato con Momenti di trascurabilità felicità.
Un'amica ne aveva sentito parlare, un'amica ha deciso di regalarlo a una comune amica, ho iniziato a sfogliarlo, e quegli attimi di felicità momentanea, quell'elenco di piccole cose belle che ci alleggeriscono la giornata, sì, mi ha conquistata.
Non trovare fila in cassa al supermercato, la prima fetta d'anguria dell'estate, trovare parcheggio sotto casa.
In mezzo a questi piccoli momenti, racconti più ampi, ammantati dal fascino della nostalgia che, sì, mi hanno affascinato.
Il mio momento di trascurabile felicità?
Quando al mare, per la prima volta, d'estate, piego la testa, e l'acqua mi rinfresca la nuca.
Dal 2010, quando lo faccio, penso al libro di Francesco Piccolo.



Va da sé che quando è uscito Momenti di trascurabile infelicità, sono corsa a comprarlo.
Questa volta, vuoi per le piccole tristezze, vuoi per una struttura già conosciuta, la magia è stata minore. Ma prevedibile, visto che lo stesso autore metteva in elenco "quando mi direte che vi è piaciuto di più Momenti di trascurabile felicità".
Il mio preferito?

Provo sempre una gioia enorme quando i deboli battono i forti, sul momento. Ma subito dopo un'enorme tristezza per i forti, che soffrono più dei deboli quando perdono.

Il mio personale?
Quando la domenica, in cui sono stanca e vorrei solo sprofondare sul divano, splende il sole, e mi sento in colpa a chiudermi in casa.
Ma veniamo a Il desiderio di essere come tutti.
Trovato per caso, al mercatino dell'usato.
Quel titolo, come quella copertina troppo bianca, troppo seriosa, mi hanno visto titubare sull'acquisto.
Poi ho ripensato agli altri due libricini, all'aver scoperto che Francesco Piccolo è anche sceneggiatore di film importanti (da Nanni Moretti -Il Caimano, Habemus Papam, Mia Madre- a Virzì -La prima cosa bella, Il capitale Umano) che negli anni mi sono piaciuti, e ho voluto dargli una chance.
Un po' mi pento, ora, di quella scelta.
Perché la lettura non è stata facile per una persona come me che della politica si disinteressa e che della politica italiana passata sa gran poco.
Figure storiche, anni cruciali, li conosco solo attraverso i film, i racconti.
Venirne così sommersa, in pagine che hanno più l'aspetto di un saggio, di un'analisi storica, mi ha ovviamente provata.

Ovvio quindi che le parti per me più interessanti, più scorrevoli, sono quelle che raccontano davvero la storia di Francesco Piccolo, un'autobiografia che va di pari passo con la politica italiana, partendo dalla sua seconda nascita all'interno del parco della Reggia di Caserta deserto, passando dal momento esatto in cui capì di essere comunista: il minuto settantottesimo della partita Germania Est-Germania Ovest dei Mondiali di Monaco del 1974, in cui si trovò, silenziosamente ma percettibilmente, ad esultare per il gol di Sparwasser.
Da lì la sua vita cambia, entra la politica, entra la figura di Enrico Berlinguer, entra pure l'amore per una compagna molto più combattiva e impegnata di lui, colpevole di essere borghese.
I primi anni scivolano attraverso gli anni '80, dimenticando la morte di Aldo Moro, la morte di Berlinguer, approdando a Roma, ai primi lavori di Piccolo come scrittore e giornalista, all'incontro con quella che sarà la moglie, e l'ascesa di Silvio Berlusconi, che riempie le sue giornate, le sue paure, i dialoghi con gli altri.

Capite anche voi, che un libro simile -vincitore del Premio Strega due anni fa- non è per tutti, come invece indica quel titolo, in grande e in rosso, come Tutti erano il 13 giugno 1984 a Roma per i funerali di Berlinguer?
Io l'ho capito tardi, e sono stata tentata più volte di abbandonarlo, di lasciarlo in sospeso assieme ai pochi altri libri che mi sono permessa si abbandonare (I testamenti traditi di Milan Kundera, anche questo perché più un saggio che un romanzo, E non disse nemmeno una parola di Heinrich Böll, colpevole solo di non essere arrivato al momento giusto, che prima o poi arriverà).
Ma ho tenuto duro, cercando di addentrami in quei discorsi politici così distanti da me, apprezzando lo stile di Piccolo, la sua pulizia, le sue citazioni a me vicine, vedi il comparire di Tomáš de L'insostenibile leggerezza dell'essere o un racconto particolarmente intenso di Raymond Carver.
E alla fine, pur non avendolo capito del tutto, apprezzato del tutto, pur avendo amato certi passaggi, in particolare quelli dedicati alla moglie Chesaràmai, Il desiderio di essere come tutti l'ho finito, ritrovandomi in un momento di trascurabile felicità una volta arrivata all'ultima pagina.

6 commenti:

  1. Dell'autore ho in lista da un'infinità Momenti di trascurabile infelicità, in effetti. Questo non lo conoscevo, ma non penso faccia troppo per me. L'altro, invece, decisamente. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Decisamente punta sull'infelicità, ma non sei l'hai letto, prima sulla felicità: decisamente più immediati e belli per noi apolitici ;)

      Elimina
  2. I Momenti di trascurabile infelicità sembrano interessanti, quello nuovo meno...

    Quanto ai miei momenti di trascurabile infelicità, dovrei pensarci su. Uno potrebbe essere quando sento parlare di un bel libro che mi piacerebbe leggere. Ma poi penso che non ho tempo di farlo. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. C'hai ragione: ogni volta che entro in libreria alterno momenti di felicità per i nuovi acquisti/nuove letture a momenti di infelicità per quanto ancora vorrei leggere e leggere e leggere...

      Elimina
  3. Proprio così: la scritta "TUTTI" riprende il titolo cubitale, straziante, de "L'Unità" il giorno della morte di Berlinguer... e, per quelli (vecchi) come me, che hanno vaghi ricordi di quel giorno (tipo le lacrime di mio babbo, che mi colpirono tantissimo, io ragazzino dodicenne) è uno di quei titoli che non si dimenticano.

    Io, avendo (sob) una certa età, devo dire che un po' di passione politica ce l'ho ancora. E questo libro l'ho adorato: può considerarsi il manifesto della "nuova" sinistra, quella che non ha paura di voltarsi indietro e che fa una seria autocritica sul passato (il personaggio della fidanzata dell'autore, con quel suo splendido motto "chesaramai" è emblematico più di mille saggi a tema...).

    Ma, fondamentalmente, devo dire che adoro Francesco Piccolo: ha un modo di scrivere che ti conquista, ti prende, riesce a persuaderti anche quando non sei d'accordo con quello che scrive. Una cosa del genere mi era capitata solo con la Fallaci.
    Pensa che Piccolo è riuscito perfino a farmi amare Carver, uno degli scrittori più ostici ed ermetici che esistono. Eppure ti garantisco che la sua introduzione a "Cattedrale" (una raccolta di racconti) è più bella del libro stesso!
    Si capisce che lo amo? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ecco, Carver sembra più un autore per me visto quello che racconta, la società, la periferia, l'amore.
      Francesco Piccolo mi piace, gli altri suoi libri, più immediati, le sue sceneggiature, hanno tutte un suo perchè. Qui ad allontanarmi è un mondo che non mi appartiene, analisi e discorsi politici, anni distanti, figure che mai ho conosciuto. Diciamo che c'ho provato, e qualcosa mi è rimasto, ma è ovviamente una questione di gusti e predisposizione a certi temi a fare la differenza :)

      Elimina