1 luglio 2017

Civiltà perduta - The Lost City of Z

Andiamo al Cinema

Percy Fawcett, un uomo diviso.
Diviso tra l'amore per la sua famiglia, una moglie indipendente, e il voler elevare quella famiglia elevando il nome macchiato da un padre con colpe.
Diviso tra il voler vedere nascere e crescere i suoi figli, e voler scoprire il mondo, scoprire terre inesplorate e guadagnare fama e nobiltà ai loro occhi.
Diviso nell'essere un uomo bianco ma non nobile, e un uomo bianco, in mezzo a indigeni, che però li comprende.
Come non voler raccontare la sua storia?
Come non voler raccontare il mito e la leggenda di un uomo alla ricerca della sua El Dorado, di una civiltà perduta, persa nei misteri della Foresta Amazzonica ancora vergine, ancor tutta da scoprire per quell'uomo bianco che crede di conoscere tutto?
James Gray non ha saputo resistere, infatti, e la storia di Percy Fawcett, pur romanzandola, ce la racconta.


Peccato che condensarla è una missione impossibile, più impossibile di quelle missioni che lo stesso Fawcett affrontò nella sua vita.
Una prima spedizione in Bolivia, per mappare i confini con il belligerante Brasile, malattie, natura selvaggia e uomini selvaggi a decimare i suoi uomini.
Una seconda per cercare quella civiltà perduta di cui cocci e statue, e dicerie sembrano confermare la presenza, e quegli uomini selvaggi che si scoprono più evoluti.
Una guerra, la I Mondiale, da combattere.
Una terza spedizione, di nuovo alla ricerca di quella città Z, di quell'ultimo tassello, da compiere assieme al primogenito, ossessionato come il padre.
Il materiale, è tanto, gli anni da coprire, pure, e il risultato non poteva che essere un film lungo, un film fiume, dal sapore dei vecchi film hollywoodiani volti alla scoperta, volti all'ossessione di un uomo e alle sue battaglie interiori, più che esteriori.


Se la lunghezza è messa in conto, non lo è però una sceneggiatura che scivola spesso e volentieri, che non sa mantenersi equilibrata e gioca carte facili per raccordare il racconto, per far interagire i personaggi e pure per metterci dentro temi di facile presa come il femminismo.
Si storce il naso, spesso e volentieri, si sbadiglia, poi, quando il finale non arriva e una nuova missione inizia, senza i fasti funesti delle prime, come fosse una scampagnata.
Peccato, perchè le location, la fotografia invecchiata hanno il loro perchè, peccato soprattutto perchè Charlie Hunnam offre un'altra bella prova, in cui la sua bellezza riesce pure a passare in secondo piano (le sue mani, per fortuna, no), e pure Robert Pattinson, irriconoscibile, se la cava. I temi poi, quella sete di scoperta il fascino di una scoperta, di essere i primi, di conoscere e spingersi oltre, di abbracciare culture diverse, scoprirne il genio oltre che l'esistenza, il mito che si fa leggenda, riempiono di fascino un film che ha contenuto ma non forma, che non ha paletti troppo robusti a fare da fondamenta, e continuando a raccontare, finisce per crollare su se stesso.


Regia James Gray
Sceneggiatura James Gray
Cast Charlie Hunnam, Robert Pattinson, Sienna Miller
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8 commenti:

  1. Anche se senza grande entusiasmo, lo vedrò. Mi pasa la durata, del tema non mi importa, ma del regista avevo molto molto apprezzato The Immigrant e Two Lovers. Certo, non era la stagione ideale per il genere...

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    1. I due non li ho visti, e proprio per quel senso di pesantezza, qui si esagera nella durata e la sceneggiatura ne risente. Peccato, perchè la storia ha fascino da vendere.

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  2. Già avevo paura ad affrontare questo viaggio cinematografico, adesso me ne hai messa addosso ancora di più. Grazie. ;)

    James Gray è uno dei registi in circolazione che mi annoiano di più e qui, tra durata e sceneggiatura, potrebbe davvero mettermi a dura prova...

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    1. Sarò ancora più spietata: faticherai, quasi sicuramente ;)
      Certo, la storia è affascinante ma i difetti e la lunghezza pesano sul risultato finale.

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  3. Dissento su tutta la linea! :)
    Non per fare il bastian contrario, ma perchè adoro James Gray e il suo cinema di respiro antico, volutamente classico (non per nulla è rimasto tra i pochi ad usare ancora la pellicola) e pieno di atmosfere e suggestioni (due titoli su tutti: "I padroni della notte" e "Two lovers", a loro modo due piccoli cult).
    Qui siamo di fronte a un omaggio al cinema bigger than life di un tempo, stile David Lean e Werner Herzog, tra "Fitzcarraldo" e "Lawrence d'Arabia"... ne parlerò presto (spero) dalle mie parti, per ora ne sottolineo solo il grande fascino.

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    1. Il fascino c'è, certo, ed è dato dalla storia, e dal respiro che ha.
      Questo è il mio primo e unico James Gray quindi non posso giudicarlo su tutta la linea, ma posso dire che come sceneggiatore ha grandi pecche, qui ci sono raccordi e dialoghi che mi hanno fatto sussultare per quanto sbrigativi e mal tagliati, e che hanno influito sul film in generale, appesantendolo non poco ai miei occhi.

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  4. Mi hai un pò impaurito, ma anch'io come Kris adoro Gray, e impazzisco sia per questo tipo di atmosfere che per i vecchi lavori del regista - I padroni della notte e Two lovers per me sono filmoni -.
    Speriamo bene.

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    1. Il titolo è decisamente fordiano, e come vedi Kris da estimatore di Gray l'ha apprezzato molto più di me, sta a te, adesso :)

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