6 marzo 2018

Manhunt: Unabomber

Mondo Serial

Una serie TV ha fatto il suo dovere morale se finisce per farti tifare per il cattivo?
E se il cattivo è nientemeno che Unabomber, il cattivo dei cattivi, che ha terrorizzato l'America per 20 anni?
La risposta non la so neanch'io, ma Manhunt, sulla scia di Mindhunter (con cui condivide molto più oltre il titolo simile), questo porta a pensare.
Chiariamo: inizialmente no, si fa il tifo per la non più giovane recluta Jim Fitzgerald, fresco fresco di diploma come profiler, per il suo entusiasmo, il suo genio, la sua sagacia. Ci si gode a vederlo elencare i difetti nella condotta di un precisino come Unabomber, si patteggia per lui mentre difende di fronte a capi retrogradi nuovi modi di scoprire il colpevole, di cercare la verità.
Ma presto qualcosa si incrina.
Che in realtà, fin dalle prime frasi del primo episodio, Unabomber ci cattura, quella sua voce roca, profonda, che illustra il meccanismo di fiducia verso le poste, verso un pacco che arriva a casa, quel meccanismo di fiducia che lui è riuscito a turbare e interrompere, affascina come sa affascinare il male.



Succede poi che Fitz (personaggio fittizio, o quasi, che racchiude in sé molte caratteristiche di altri investigatori coinvolti) diventi man mano insopportabile. Si faccia troppo egoista, troppo convinto, troppo fastidioso nei modi, o forse è solo che interpretato da un attore-cane come Sam Worthington che esagera nella caratterizzazione, nei manierismi, nel dare tic e nevrosi al suo personaggio. E si finisce per fare il tifo per Ted Kaczynski, per il quale Paul Bettany si è smagrito, si è trasformato, si è sottomesso in modo molto più serio.
L'episodio a lui dedicato (1x07 Ted, in cui -ma va?- Fitz non si vede) è la goccia che fa traboccare il vaso, il momento decisivo in cui l'ago della bilancia pende a suo favore: una scrittura -la sua, epistolare-, un racconto di una vita fatta di tradimenti, di angosce, di esperimenti pure, che giocano con pensieri e ideali, sconvolgendoli. E viene da difenderlo, Ted, viene da sostenerlo nell'aula di tribunale pur sapendo della sua colpevolezza.
E forse, lì, anche gli sceneggiatori si rendono conto del loro errore, e per farci tornare alla ragione, per farci vedere i suoi danni, e turbare le nostre coscienze, si lascia spazio a vittime e superstiti, a chi quei pacchi -sulla fiducia- li ha aperti.


Ora, proprio come Mindhunter, Manhunt non è una serie perfetta.
Cala il ritmo, l'attore protagonista non è di peso come dovrebbe, ma si gioca bene la carta della narrazione su due tempi, andando avanti e indietro, nel passato delle indagini e nel presente a pochi giorni dal processo, e chi -come me- della vicenda niente sa, resta con il fiato sospeso.
Con gli occhi di oggi poi, lo spreco di risorse, il profiling alle prime armi, sembrano quasi banalità, cresciuti a pane e Criminal Minds come siamo.
Difetti che sono da addossare a una Tv che non può più permettersi di andare indietro, a cose già note, che non può rendere così affascinante il male, tranne poi ricordarci -in modo subdolo- cosa il male fa?
O colpa semplicemente di Worthington, che sì, continuerò ad accusare, che finisce per attirare troppo l'attenzione sui suoi, di difetti?
Alla fine resta una serie che sa come prendere, sa quali sono i suoi punti di forza, ma ne ha anche paura. D'altronde Unabomber è ancora lì, nella sua cella, a scrivere e godere del suo potere.


Voto: ☕☕/5

7 commenti:

  1. Ispira molto più del quasi omonimo Mindhunter...

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    1. Tutto concentrato su un solo cattivo e sull'ultima parte di indagini, sì, ci si perde meno e non conoscendo i fatti, ci si appassiona facilmente. Ma non tutto è perfetto, sei avvertito ;)

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  2. La cosa figa di questa serie è proprio che fa tifare per il "cattivo".
    Con Sam inespressivo Worthington come "buono" d'altra parte era inevitabile. XD

    A me ha coinvolto parecchio, quasi quanto l'ottima Mindhunter. Le uniche cose crime viste di recente che mi siano piaciute. Ma ormai non mi stupisce più che a te invece entrambe non abbiano convinto... :)

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    1. Solo perchè io e il crime siamo stati in ottimi rapporti un tempo, e per stupirmi e appassionarmi davvero deve tirar fuori qualcosa di molto più sconvolgente, non quel cane di Worthington. Vuoi mettere The Night of o The Keepers? Qui, salvo solo l'episodio "Ted", uno dei migliori dell'anno.

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  3. Avendo amato Mindhunter, ho come l'impressione che questa mi piacerà.
    Poi io adoro i cattivi. ;)

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    1. Questo sì è pane (e salame) per i tuoi denti. Anche meglio di Mindhunter per me, concentrandosi su un unico cattivo, con cui quasi subito si entra in empatia.

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  4. Viste entrambe le serie - sia MIndhunter che questo Unabomber. Piaciute moltissimo tutte e due. Da rilevare di interessante, tra le molte altre cose, il fatto - secondo me - che i 'buoni' assomigliano moltissimo ai 'cattivi': sono anche oro manipolatori e anaffettivi, si ha l'impressione che gli basterebbe un piccolo passo per scavalcare la barricata. Poi, forse è la svecchia storia dell'abisso nietzschiao, che alla fine, a furia di esser guardato, ricambia gli sguardi - e lì, è il momento che sei fregato.

    Ted Kaczynski era - è -anche una sorta di filosofo anarchico, il suo documento ha circolato parecchio, e dice cose tutt altro che insensate, se si guarda al nocciolo. Capace di sollevare problemi etici grandi come montagne - però, in un certo senso, ha rovinato tutto con l'uso della violenza e del terrore contro eprsone qualsiasi, innocenti, per così dire. Alla fine, anchenio ho empatizzato, moltissimo, con lui, mi ci sono quasi immedesimato e mi ha rattristato vederlo solo, e non più padrone nemmeno del suo corpo, in cella - lui che al mattino presto danzava a piedi nudi nel bosco.

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