4 luglio 2012

Happy Family


E' già Ieri. -2010-


Un po' Pirandello, un po' Kaufman.
Così Gabriele Salvatores torna a lla commedia. Con Happy Family abbandona infatti i toni cupi e neri di "Io non ho paura" e di "Come Dio comanda" per narrare in modo originale la nascita di un film, e di un amore.
Il protagonista è Ezio, sceneggiatore per vocazione, impegnato nella stesura di una storia in cui due famiglie agli antipodi si scontrano, si conoscono e si uniscono causa matrimonio dei figli adolescenti che non s'ha da fare. Il filo conduttore di ognuno dei personaggi è però la paura e proprio a chi ha paura questo film è dedicato: c'è chi ha quella di restare solo, di puzzare, che di morire, di essere abbandonato, chi di non vivere appieno... ognuno dentro di sè si porta queste angosce che influenzano le proprie scelte e il modo di affrontare la vita
E' Ezio stesso a raccontare la storia di ognunodi loro, scrittore quanto mai originale che prende spunto da ciò che lo circonda (meravigliosa la carrellata finale alla sua scrivania che ce lo mostra) e che, pirandellianamente,  entra in contatto con i suoi "figli" che rivendicano il proprio diritto a vivere e ad arrivare al THE END anticipato dal più classico dei blocchi da scrittore. Perchè si sa, il processo di crescita e formazione deve avvenire, l'amore trionfare, la morte insegnare, il finale dev'essere completo.
Salvatores si dimostra un maestro ad orchestrare tutti gli ingredienti a sua disposizione, Abatantuono si riconferma invece perfetto feticcio del regista che con la sua naturalezza e noncuranza nel recitare spicca sempre sopra gli altri. Ma sono de Luigi e la Bilello la vera rivelazione: due timidi a confronto che tengono la scena e che regalano al film due perle di rara bellezza fotografica (italiana) facendo di Milano l'altra coprotagonista –emozionante la sequenza notturna sulla sonata di Chopin.
Il soggetto viene dal teatro (è di Alessandro Genovesi), ma sarà per l'originalità della narrazione o sarà per l'alchimia fra gli attori, sta di fatto che Happy Family è riuscito a diventare un prodotto italiano che italiano non sembra, e forse sta proprio in questo la sua bellezza.




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