25 agosto 2015

Aquarius

Quando i film si fanno ad episodi.

C'è qualcosa che non va ultimamente con le serie poliziesche, pardon, con le serie crime, siamo un po' più internazionali.
Che siano true o che siano semplici detective, i protagonisti di queste serie sembrano sempre prendersi fin troppo sul serio, con quello sguardo fisso, l'aria corrucciata di chi deve salvare il mondo ma nel frattempo è impegnato con i suoi demoni interiori, come se un detective buono e semplice fosse impossibile da trovare. Mettici poi che visto che il genere tira, gli sceneggiatori si lasciano andare a trame non ben strutturate, a deviazioni, storie parallele, indagini minori, e, bè, l'attenzione cala, l'entusiasmo pure.
Non è un caso infatti se quel tanto inizialmente acclamato (e poi subissato di critiche) True Detective giace alla quarta puntata, con la voglia di proseguirlo che non accenna ad arrivare, che un Wayward Pines evento sia scoppiato a metà come una bolla di sapone, che Secrets & Lies che nel ruolo dell'investigatrice vedeva non una pivellina ma una Juliette Lewis fosse così noioso e già visto da essere abbandonato senza rimpianti.
Magari però, cambiando epoca cambia anche il risultato.


Andiamo allora indietro nel tempo, andiamo agli spregiudicati anni '60, andiamo ad Hollywood, in una California dove i giovani si sentono liberi, si sentono allo stesso tempo oppressi dalle leggi, dalla guerra in Vietnam, da adulti che non li sanno capire, andiamo a conoscere il detective Hodiak, uno che combatte il crimine risolvendo senza troppa fatica ma nemmeno senza rispettare troppo la legge che rappresenta, anche i casi più complicati. Uno però che di demoni interiori ne ha, da una moglie infedele a un figlio disertore, e tanto alcool in cui affogare.
Il lavoro però chiama, e a chiamarlo è la sua ex fidanzata, l'amore della sua vita la cui figlia è sparita nel nulla da settimane, uscita di nascosto con il suo ragazzo, finita invece per essere la nuova ragazza di un teppistello che in carcere c'è già stato per spaccio, sfruttamento della prostituzione e per violenza. Un certo Charles Manson, che nelle colline californiane si è insidiato con la sua "famiglia", composta di giovanissime ragazze che lo appagano e si appagano di piaceri carnali e di lsd, tirando avanti con piccoli furti mentre il loro Gesù tenta la strada della musica, ambendo a diventare più famoso dei Beatles.


E la questione che si apre è sempre quella: ha senso parlare ancora di Charles Manson, appagare l'ego di uno che nel sangue alla fine è riuscito a diventare famoso almeno quanto i Beatles?
Avrebbe senso se la serie aggiungesse qualcosa al mito oscuro, e qualcosa lo aggiunge mostrandoci un uomo chiaramente malato, chiaramente instabile, che però aveva dalla sua un carisma che sapeva agguantare una generazione persa tra il fumo delle droghe e i valori ormai caduti della borghesia.
Ma la serie devia spesso e volentieri, parlando non solo di Manson e dei suoi primi anni nella family, parlando di un'America divisa  tra bianchi e neri, di Pantere pronte alla rivoluzioni, di giri di droga da abbattere, di omosessuali che si nascondono, che muoiono per il loro essere diversi, parlando soprattutto dei suoi detective.
David Duchovny non ha perso un grammo di fascino dall'agente Mulder, e tra una sbronza e l'altra, tra una conquista e l'altra, mostra tutta la sua bravura, che sta anche nell'educare uno specialista delle infiltrazioni come il giovane Shafe (e di fantasmi interiori, va da sé, ne ha pure lui da combattere) e una giovane poliziotta che di strada ne può fare se non fosse che l'essere donna la relega a fare e servire il caffè ai colleghi.
Curatissima la fotografia che riporta nei 60's da cliché, curatissima la colonna sonora che affonda in un decennio di musica altissima (e che propone anche i brani originali di Manson), Aquarius ha quella pecca che hanno ultimamente tutte le serie poliziesche, pardon, crime: vuole dire troppo, vuole mostrare troppo, perdendosi in rivoli minori, in indagini minori. E anche in attori minori, con Gethin Anthony che convince a metà e con Emma Dumont che non convince per niente.
Visto però che sono previste (ascolti permettendo) ben 6 stagioni, il margine di miglioramento c'è, sempre se la pazienza resiste.


6 commenti:

  1. Viste le prime puntate. Mi annoiava qui e lì, ma le ambientazioni erano fantastiche.
    Comunque, mi piaceva di più del nuovo True Detective. Magari, in questi giorni, finisco di vedere e decido. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo son riuscita a finirlo, anche grazie all'aiuto e alle chiacchiere col giovine, gli altri "veri" detective giacciono ancora in un angolo, chissà quando verranno recuperati.

      Elimina
  2. ...non mi dice nulla...
    effettivamente ne ho abbastanza di detective da seguire

    RispondiElimina
    Risposte
    1. É finita ormai l'era dei detective seriosi, e degli zombie e dei vampiri, chissà che lo capiscano anche i vari produttori.

      Elimina
  3. Questo sono io che non ce l'ho fatta a proseguirlo.
    Nonostante la bella colonna sonora, il resto è troppo noioso. Abbandonato dopo una manciata di episodi...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti sei perso gran poco, speriamo che l'aver pianificato 6 stagioni non voglia dire che saranno tutte cosi lente per arrivare con calma ai fatti salienti solo alla fine..

      Elimina